giovedì 8 ottobre 2015

A MILLE CE N'E'...

Allenamento 7 ottobre 2015
Favole favolose per il servizio

 Adunata Rebel Rebel David Bowie


 Decompressione 
Just Dance: Gangman style (per info sul testo chiedere a Cheggioia che la sa tutta!!!)


Sigla LA TREMARELLA Persiana Jones

Comunicazioni 
  •          AUT AUT : promuovono serate di info sull'autismo vedi mail che manderaà Bubbola
  •         Corso treiner per KAPO e CICCI (sabato e domenica andranno a Bologna a prendere la patente da trainer!!)
  •   Sono Claun perche' scrivere a fine allenamento la ns motivazione claun sul cartellone portato dal direttivo
  •         Presentazione progetto sQuola (Quintale + staff progetto squola) per info Coda di Cavallo e Quintale 
  •       Bandi: servono candidature, per ora nel sono arrivate pochissssime, proroga dei bandi fino a domenica, tutti possiamo fare qualcosa per la vita associativa oltre ai servizi e gli allenamenti, Vip Mo ha bisogno di noi per andare avanti, candidiamoci senza paura, si impara facendo!
  •       Turni: Novembre da riempire, chia ha bisogno di un nuovo cartellino giallo con il nome, solo nel caso di furto, smarrimento o lavatrice chieda ad AYEYE =)

  •   ASSEMBLEA!!!!! IMPORTANTE IL 21 OTTOBRE LA SERATA DI ALLENAMENTO SARA' PARZIALMENTE DEDICATA ALLA MISSIONE RWANDA, importante partecipare!

  •       Gornja: Spirù ed Annie condividono i pensieri di ritorno da Gornja
   
Claun del mese 
Metodo classico sciampenuas: tante bolle!!!
Scrivere il nome del clown votato e la motivazione valida e mettere il biglietto nella scatola.
I trainer leggeranno i bigliettini and the uinner is SPIRU'!!!!!!!!


 Cappello introddutivo  FAVOLE E STORIE DA RACCONTARE IN SERVIZIO
Attenzione a quello che dite, ascoltate e guardate gli altri
questo esercizio può essere utile nelle stanze di ospedale, eventualmente coinvolgendo anche i parenti
Spieghiamo bene ai narratori come fare per tenere l'attenzione e mandare avanti una storia
Regole:
mandare lanci, non chiusure al compagno (frasi aperte, frasi in sospeso)
no doppi sensi, no politiche/religiose, parolacce
visione del gruppo: coinvolgere l'altro
Mai dire "NO"
guardare i compagni, rispettare i tempi/modi dei compagni sul palco
figure: NARRATORE-IMPROVVISATORI


 Improvvisiamo una storia FAVOLA A SCALARE
Dividiamo a gruppi di 6, che resteranno costanti per tutta la serata.
Ognuno dovrà scegliere una favole/film famoso che sia conosciuto da tutti, poi sarà da improvvisare più volte, diminuendo sempre di più il tempo mantenendo il senso della storia. Inizialmente il tempo sarà di circa 2 minuti, poi 30 secondi e infine 10 secondi (rispettare il tempo)


Favole favolose mischiate 
Sempre gli stessi gruppi di 6, all'interno di ogni gruppo dovrà essere scelto un narratore, al quale POI consegneremo una storia che gli altri dovranno metterla in scena (tempo di preparazione/lettura 3 minuti).
La durata della storia sarà al massimo 3 minuti.
Al momento della rappresentazione il conduttore cambierà il narratore di ogni gruppo (ovvero: sul palco ci sarà il gruppo A e la storia la racconterà il narratore del gruppo B. NB: il narratore dovrà narrare la propria storia, saranno gli attori a dover improvissare).

 Condivisione 


Dolce: Tassista 
A coppie. A sta davanti ed è il “tassista”. B è dietro e poggia una mano al centro della schiena dell’altro, e deve seguire il “tassista” mantenendo gli occhi chiusi. "A" può fare quello che vuole, girare, fermarsi, correre, andare piano, all’indietro, ecc ecc, l’importante è che sia consapevole di essere responsabile della sicurezza dell’altro.







FAVOLE PER FAVOLEGGIARE |


IL FANTASMA PUZZA PAZZA

C'era una volta in un paese lontano in un castello stregato un fantasma che tutti chiamavano Puzzapazza.

Tutti gli abitanti del villaggio vicino si rifiutavano di andare al castello, non volevano proprio saperne del fantasma Puzzapazza e lui si chedeva il perchè. Non aveva mai spaventato nessuno e si pettinava e cercava di vestirsi sempre per bene, era ben educato, chiedeva per favore....

Insomma proprio non riusciva a capire perchè tutti lo evitassero.

Una sera piovosa in autunno arrivò al castello un viandante, il castello stregato non era certo un posto invitante per passare la notte, ma faceva ormai molto freddo e buio e il temporale era forte. Così il viandante decise suo malgrado di bussare alla porta del castello.

Il fantasma Puzzapazza non credeva alle sue orecchie ed era felicissimo di avere visite! fece accomodare il viandante nel castello con tutti gli onori, ma proprio mentre entrava in salotto gli scappo un PRRRRTTT! Mamma mia! Il viandante quasi sveniva per la puzza! Così il fantasma Puzzapazza cercò di aiutorlo e sorreggerlo ma PRRRTTT! Gliene era scappata un'altra! Il viandante era davvero disperato per la puzza! Scappava in tutte le stanze del castello cercando una stanza meno puzzolente, ma il fantasma lo seguiva cercando di scusarsi e dall'agitazione continuava a fare PRRRTTT e PRRRTTT! Il viandante scappò da una porta laterale e corse corse e corse il più lontano possibile!
Puzzapazza rimase triste e disperato solo al castello.
Ma il viandante che era una buona persona, quando iniziò a respirare aria profumata, si ricordò di quanto era stato gentile il fantasma Puzzapazza ad accoglierlo nel suo castello stregato e a quanto aveva cercato di scusarsi, così decise di aiutarlo! Ma prima di tornare indietro si munì di una maschera antipuzza!
Il Fantasma Puzzapazza non credeva ai suoi occhi, mai nessuno era tornato al castello per ben due volte!!!! Così aiutato dal viandante che indossava la maschera antipuzza si scoprì che il fantasma mangiava solo fagioli stregati e quindi poverino non era certo colpa sua se pe luzze gli scappavano in continuazione! Dopo pochi giorni di una dieta più equilibrata il problema che durava da tutta la vita del povero Puzzapazza era risolto! Così tutti gli abitanti vicini furono invitati ad una magnifica festa al castello stregato! Che meraviglia! Tutto era profumato, pulito e ordinato proprio come piaceva al fantasma Puzzapazza, che da quel giorno finalmente fu pieno di amici con cui si divertiva tantissimo!












IL COCCHIERE CHE SAPEVA DISEGNARE
Romualdo era un semplice cocchiere, anche se era al servizio del re, ma amava dipingere e aveva un eccezionale talento per la pittura. Tutti i suoi quadri sembravano vivi e parlanti, però quello che lui preferiva era il ritratto della sorella, alla quale era affezionatissimo. Lo aveva messo nella sua camera, nelle scuderie della reggia, e quando si sentiva triste parlava al quadro e gli pareva che la sorellina gli rispondesse davvero.
      
Tutti quei mormorii incuriosirono gli altri servi, che guardarono dal buco della serratura e scorsero il quadro, ma solo il viso, senza neanche la cornice. Scambiarono il ritratto per una fanciulla in carne ed ossa e subito cominciò a circolare la voce dell’indescrivibile bellezza dell’ospite misteriosa che il cocchiere teneva nascosta. Venne a saperlo lo stesso re e anche lui andò a spiare dal buco della serratura. Scorse il viso incantevole e se ne innamorò ma, dato che la fanciulla esisteva veramente, si potè rimediare: Romualdo portò a corte la sorella e il re la sposò.
    Così la fanciulla divenne regina e il cocchiere potè dedicarsi soltanto ai suoi quadri.












I TOPOLINI DI PASQUALINO

Un giorno un ragazzino discolo di nome Pasqualino, decise di scappare di casa e di imbarcarsi in una nave che trasportava materiale da costruzione. Così iniziò a lavorare duramente come mozzo sulla nave. Quando fu ormai troppo lontano da casa, cominciò a rimpiangere la sua famiglia e si pentì amaramente di averne combinata un’altra delle sue. La sua scelta era stata affrettata ed ora non poteva far altro che continuare il suo viaggio interminabile. Nessuno aveva il tempo né la voglia di parlare con Pasqualino, tanto era faticoso il lavoro dei marinai della nave. Anche il piccolo mozzo sgobbava tutti i giorni, e alla sera le sue mani indolenzite gli ricordavano che aveva intrapreso una strada troppo dura per la sua giovane età. Un giorno, il piccolo mozzo fu mandato a pulire la stiva, e lì fece uno strano incontro. La stiva era infestata da minuscoli topolini, che per giunta erano sempre  allegri per via del profumo di formaggio che usciva dalle casse nella stiva  Pasqualino fu felice di tanta allegria, e decise di tornare ogni giorno dai suoi nuovi amici. Quando il piccolo mozzo raccoglieva qualche briciola dal pavimento, la infilava in tasca per sfamare i topolini. Le bestiole, quando sentivano i passi del ragazzo facevano sempre un gran fracasso e con le loro feste riempivano il cuore troppo triste del piccolo mozzo. La loro amicizia era sempre più forte, e quando gli altri marinai si accorsero che il ragazzo trascorreva il suo tempo libero con i topini, lo soprannominarono “il sorcio”. I marinai beffardi lo prendevano sempre in giro, e quando passava facevano il verso del gatto per mettergli paura. Il viaggio era sempre più lungo, ed il giovane era sempre più triste. I topini si sentivano in colpa per gli scherzi che il piccolo mozzo doveva subire tutti i giorni, e quel brutto nomignolo era ormai di dominio pubblico. Ma l’amicizia è un bene prezioso, e i topolini lo avrebbero dimostrato al ragazzo non appena se ne fosse presentata la prima occasione. Durante una notte di tempesta, il piccolo mozzo fu svegliato dalle urla dei marinai che cercavano disperatamente di salvare le sorti della nave. Nessuno si curava del ragazzo che atterrito non sapeva cosa fare. Il piccolo mozzo non riuscì a muovere nemmeno un dito, e mentre i marinai si davano da fare per portare in salvo l’equipaggio, un’onda gigantesca travolse la nave. Intanto i topolini si erano arrampicati tutti quanti sull’albero maestro, e squittivano forte per attirare l’attenzione del loro amico in preda al panico. Quando il fanciullo si accorse dei suoi piccoli amici, urlò disperato che non era in grado di salvare neanche loro, e che tutto ormai era perduto. Ma i topini non stavano chiedendo aiuto, anzi, erano proprio loro ad aver trovato una soluzione per mettere in salvo anche il mocciosetto! Con i loro denti affilati si misero d’impegno e riuscirono a rosicchiare l’intera base dell’albero maestro. Quando quel gigantesco palo cadde in acqua, i topini si tuffarono tra le onde e nuotarono fino a salire tutti quanti su quella lunga zattera. Fu allora che il piccolo mozzo capì che i topini avevano pensato anche a lui, e come avevano fatto le bestiole intelligenti si tuffò in acqua per raggiungere il palo. Quando la tempesta finì, il ragazzo e i topolini, fortunatamente ancora in groppa all’albero maestro, giunsero a riva sani e salvi . Appena toccarono terra, stremati, si addormentarono al sole. Dopo tante peripezie, finalmente il ragazzo era arrivato vicino casa e la sua avventura era terminata. L’aiuto dei topolini era stato indispensabile per il piccolo mozzo: per tutta la vita lo avrebbe ricordato. Anche se ognuno di loro sapeva che non si sarebbero incontrati mai più, di certo nel loro cuore avrebbero conservato il tesoro della loro meravigliosa amicizia per sempre.




























GLI AMICI FEDELI

Il cavallo di un giovane paggio era così pasciuto e ben curato che persino alla volpe venne voglia d’avere quel giovane come per padrone, per essere trattata altrettanto bene.
Chiese di potersi mettere al suo servizio, fu accettata e in effetti fu talmente trattata bene che il suo esempio fu seguito dall’orso, dal lupo e via via da tutti gli altri animali del bosco.
Un giorno i nuovi amici del paggio si preoccuparono di cercare una moglie per il loro padrone e scelsero la figlia del re.
Fecero in modo che la principessa incontrasse il paggio e se ne innamorasse; ma il re non approvò la scelta della figlia e la rinchiuse in una torre.
I servi del paggio pensarono a come liberarla. Il gatto si fece seguire fin sul terrazzo della fanciulla, che l’aquila rapì fulmineamente. Il re, per vendicarsi, dichiarò guerra agli animali, i quali però chiamarono a raccolta tutti i loro simili e misero insieme un esercito così numeroso, che il re preferì arrendersi.
Perdonò il paggio e gli concesse la mano della figlia; da allora i due vivono felici, circondati da tutti i loro amici.
































LA BOLLA DI SAPONE
Il re fu colpito da una gravissima malattia e da quel giorno non fu più lo stesso.
Non c’era più nulla che lo divertisse: ogni cosa lo annoiava e i suoi sbadigli facevano sbadigliare tutta la corte. Desiderava qualcosa, ma non sapeva neppure lui che cosa; e come si fa a dare ad un re qualcosa che nessuno sa cos’è?
I suoi ministri fecero venire medici e scienziati da ogni parte del mondo e gli comprarono passatempi, balocchi, giocattoli sempre nuovi. Ma tutto fu inutile.
Un giorno arrivò alla reggia una vecchietta. “Io ho ciò che vuole il re” disse. “In cambio mi darete tanto oro quanto peso”.
Venne accontentata, ma, incredibile! , tutto l’oro che si metteva sulla bilancia non arrivava mai a pareggiare il suo peso. I ministri erano disperati. Allora la vecchietta scoppiò in una bella risata e disse: “Il re vuole una bolla di sapone e io gliela dono”. Subito la vecchietta si mise a soffiare in una cannuccia che aveva intinto in una ciotolina d’acqua saponata.
Il re all’improvviso si sentì di nuovo felice e pieno d’energia, e con lui naturalmente tutta la corte e tutto il reame.

































LA GARA  DI SALTO

Un grillo, un ranocchio e un canguro si sfidarono a chi sapeva saltare più in alto.
La gara suscitò grande interesse e curiosità: arrivarono dame e cavalieri, duchi e duchesse, marchesi, conti e damigelle da ogni parte del mondo e, poiché era impossibile che mancasse un grosso premio, il re promise al vincitore la mano di sua figlia.
La corte non era stata mai così affollata. I concorrenti sfilarono fra due ali di tamburini, trombettieri, sbandieratori.
Ci furono cerimonie e discorsi; alla fine per i tre atleti venne il momento di cimentarsi.
Per la verità il salto fu alto lo fece il grillo; ma saltò così in alto che nessuno lo vide e i giudici dissero che non aveva neppure spiccato il balzo.
Il ranocchio saltò meno della metà, però era più grosso e lo videro tutti; ma per sua sfortuna ricadde proprio sulla testa del re e fu squalificato per lesa maestà.
Il canguro fece appena un saltello, ma fu tanto furbo da ricadere in braccio alla principessa: e così il premio fu dato a lui, che non era un grande atleta, ma almeno aveva una buona testa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 





MEDEA LA PRINCIPESSA DELLE ROSE

Tanto tempo fa in un piccolo regno, viveva una bella principessa di nome Medea.
Tutti la chiamavano la principessa delle rose, perché aveva i fiori più belli del regno per il loro colore e delicatezza.
Bella tra le belle, Medea era la bellezza in persona, aveva i capelli lunghi color oro e gli occhi azzurro cielo e così era ben voluta da tutto il regno.
Il suo cuore era del giovane pescatore Ivano e i due innamorati si scambiavano sguardi d’amore da lontano, perché mai il Rè avrebbe accettato di darla in sposa ad un pescatore.
Rè Romualdo, era fiero della bella figlia e di quello che si diceva di lei, ma un giorno, un ambasciatore del potente regno di Antara, chiese di essere ricevuto a corte.
“Gli Antariani, sono nostri vicini, disse Romualdo! Fatelo passare!”
Con un maestoso inchino, ornato da un cappello pieno di candide piume, il goffo ambasciatore spiegò al Re la sua venuta.
“Maestà! È con enorme piacere che le porto il saluti del Regno di Antara e con esso chiedo il suo permesso di far venire al suo cospetto il figlio del Rè, il Principe Goldrone I°, per conoscere sua Figlia.”
Rè Romualdo diventò ad un tratto di colore verde paonazzo, si adagiò sul trono cercando di mascherare la spiacevole situazione.
Rè Romualdo sottovoce disse: “Ma vi rendete conto di chi vuole fare conoscenza con Medea? E’ Goldrone 1°, un uomo spietato e malvagio, solo il nome fa paura! E poi ha fama di essere un cattivo mago! Sono sicuro vorrà chiedere la sua mano e poi l’ho visto, è basso, grasso e pelato…. No! Non accetto!” Rispose alzandosi dal trono Rè Romualdo.
In un attimo il goffo ambasciatore si trasformò in un coccodrillo enorme, diventò buio, un temporale furioso si manifestò con tutta la sua potenza sul piccolo regno. Impietriti, i regnanti si abbracciarono dalla paura.
“Inginocchiatevi davanti al potente Goldrone 1°!!”
“Come hai osato minuscolo omiciattolo dire di NO! E hai anche riso di me!!!”
Disse Goldrone….Guardandolo con due occhi di fuoco…..
“Per la tua insolenza ti trasformerò in una statua!”
“No! Ti prego risparmia mio padre! Farò quello che vuoi!” Rispose la bella Medea….
Ma ormai era troppo tardi, con un incantesimo malvagio, tutto ciò che era in vita, si trasformò in pietra…..
Medea, fu trasformata in una rosa, rinchiusa in un cuore di cristallo e portata nel profondo degli abissi marini.
“Tutto resterà così finché il cuore non verrà baciato!” In una risata, il malvagio Goldrone, lasciò il palazzo.
Passò tanto tempo finché un giorno, un violento terremoto marino, catapultò il cuore di cristallo fuori dal mare facendolo arrenare vicino alla spiaggia.
Il continuo dondolare di quella cosa che splendeva, attirò l’attenzione di un giovane pescatore che rientrava dalla pesca.
Lo vide, si inchinò e restò meravigliato da quel bellissimo fiore.
“Com'è bella, mi ricorda Medea, la mia principessa”  e baciò il cuore di cristallo.
Fu un attimo che in una nuvola di fumo apparve Medea in tutto il suo splendore.
Dall’alto della spiaggia un fragoroso applauso ruppe il silenzioso canto del mare, era tutta la corte, con il Re e la regina, l’incantesimo finalmente era finito, grazie ad un sentimento che non svanirà mai, anche a distanza di anni….. un sentimento che si chiama: “Amore”.

TREMOTINO
C'era una volta un mugnaio povero, ma aveva una bella figlia. Un giorno gli capitò di parlare con il re e gli disse: "Ho una figliola che sa filare l'oro dalla paglia." Al re, la cosa piacque, e ordinò che ella fosse condotta innanzi a lui.
La condusse in una stanza piena di paglia, le diede il filatoio e disse: "Se in tutta la notte, fino all'alba, non fai di questa paglia oro filato, dovrai morire." Poi la porta fu chiusa ed ella rimase sola. La povera ragazza se ne stava là senza sapere come salvarsi, poiché‚ non aveva la minima idea di come filare l'oro dalla paglia; D'un tratto la porta si aprì ed entrò un omino che disse: "Buona sera, madamigella mugnaia, cosa ti preoccupa tanto?" "Devo filare l'oro dalla paglia e non sono capace!" rispose la fanciulla. "Che cosa mi dai, se te la filo io?" disse l'omino. "La mia collana" rispose la fanciulla. L'omino prese la collana, sedette davanti alla rotella e filò la paglia in oro entro il mattino.
Quando il re andò a vedere, si meravigliò e fu molto soddisfatto, ma divenne ancora più avido. Così fece condurre la ragazza in una stanza molto più grande, piena di paglia, che anche questa volta doveva essere filata in una notte, se aveva cara la vita. La fanciulla non sapeva come fare, ma all'improvviso si aprì la porta e l'omino entrò dicendo: "Cosa mi dai se ti filo l'oro dalla paglia?"
"L'anello che ho al dito" rispose la fanciulla. L'omino prese l'anello, la ruota e cominciò a ronzare e al mattino tutta la paglia si era mutata in oro splendente. A quella vista il re andò in visibilio ma, non ancora sazio, fece condurre la figlia del mugnaio in una terza stanza ancora più grande delle precedenti, piena di paglia, e disse: "Dovrai filare anche questa paglia entro stanotte; se ci riesci sarai la mia sposa." Quando la fanciulla fu sola, ritornò per la terza volta l'omino e disse: "Che cosa mi dai se ti filo la paglia anche questa volta?" "Non ho più nulla" rispose la fanciulla”. "Allora promettimi che, quando sarai regina, mi darai il tuo primo bambino." La ragazza, messa alle strette, accordò la sua promessa all'omino che, anche questa volta, le filò l'oro dalla paglia. Quando al mattino venne il re e trovò che tutto era stato fatto secondo i suoi desideri, la sposò; e la bella mugnaia divenne regina.
Dopo un anno diede alla luce un bel maschietto ma l'omino, entrò d'un tratto nella stanza a reclamare ciò che gli era stato promesso. La regina gli offrì tutte le ricchezze del regno, purché‚ le lasciasse il bambino; ma l'omino disse: "Ti lascio tre giorni di tempo: se riesci a scoprire come mi chiamo, potrai tenerti il bambino." La regina passò la notte cercando di ricordare tutti i nomi che mai avesse udito, inviò un messo nelle sue terre a domandare in lungo e in largo, quali altri nomi si potevano trovare. Il giorno seguente, quando venne l'omino, ella disse tutta una lunga sfilza di nomi, ma ogni volta l'omino diceva: "Non mi chiamo così." Il secondo giorno, ella mandò a chiedere come si chiamasse la gente nei dintorni e propose all'omino i nomi più insoliti e strani. Ma egli rispondeva sempre: "Non mi chiamo così." Il terzo giorno tornò il messo e raccontò: "Ai piedi di un gran monte, vidi una casetta e davanti, intorno a un fuoco, ballava un omino buffo, che gridava saltellando su di una sola gamba:

"Oggi fo il pane, la birra domani, e il meglio per me è aver posdomani il figlio del re.
Nessun lo sa, e questo è il sopraffino, Ch'io porto il nome di Tremotino!"

La regina si rallegrò e poco dopo l'omino entrò e le disse: "Allora, regina, come mi chiamo?" "Ti chiami forse Tremotino?" "Te l'ha detto il diavolo!" gridò l'omino per la rabbia e andò via sbuffando.

























PRIMULA, LA STREGA CONLE ALI
C’era una volta un bosco incantato: nel bosco vivevano le fate dei fiori, che trascorrevano le loro giornate svolazzando di fiore in fiore per portare i colori più belli su tutti i petali delle corolle.
Il bosco abitato dalle fatine era davvero il più bel bosco del regno, pieno di luce e di tinte meravigliose, e le stesse fatine erano le artefici e le custodi di tanta bellezza.
Oltrepassato il fiume azzurro, aveva invece inizio la selva delle streghe, così cupa e tetra da non conoscere altri colori all’infuori del nero, del grigio e del marrone.
Le streghe vi trascorrevano buona parte del giorno a cercare senza sosta gli ingredienti per le loro pozioni magiche e la notte spiccavano il volo in sella alle loro scope.
Quasi tutte le streghe possedevano una scopa magica: tutte eccetto una, la piccola strega Primula.
Quest’ultima era ancora troppo giovane per poter volare e così trascorreva le sue giornate a studiare gli incantesimi che le avrebbero permesso un giorno di poter diventare una brava strega.
Una mattina, dopo aver camminato per oltre un’ora nella selva alla ricerca di un’erba magica, Primula scorse da lontano il fiume azzurro: la piccola streghetta rimase abbagliata da tanta bellezza e decise di oltrepassare il ponte di legno per andare a conoscere il mondo delle fate.
Una volta giunta nel bosco incantato, Primula rimase profondamente colpita dalla moltitudine di fiori colorati, così belli e luminosi da riempire il cuore di gioia.
Camminando ancora scorse da lontano alcune fatine che giocavano fra loro: le fatine avevano la pelle chiara come la luna, gli occhi celesti come il cielo e i capelli biondi come il sole.
Tutte insieme volavano in circolo scherzando fra loro. Primula le guardava e rimase incantata dalle loro ali:- Che bello! – diceva Primula fra sé – A loro non occorre la scopa per volare, a loro basta solo un leggero battito d’ali ed ecco che possono spiccare il volo. Che meraviglia! Anch’io vorrei poter volare così!
Tutto a un tratto la fatina Ermione si accorse della presenza di Primula e subito disse alle altre:
- Amiche, c’è una strega laggiù! Andiamo a scoprire per quale motivo è arrivata fin qui nel nostro bosco incantato.
Primula indossava la sua veste nera, aveva i capelli color carbone e gli occhi di un nocciola scuro.
Le fate la scrutarono da capo a piedi e poi le domandarono: - Perché sei qui? Cosa sei venuta a fare piccola strega? Vuoi forse rubare i colori del nostro bosco?
- Oh no, non intendo fare assolutamente una cosa del genere. – rispose loro Primula – Io vorrei solo imparare a volare come voi, io vorrei poter avere le ali!
- Le ali? – dissero in coro le fate – Tu vorresti avere le ali? – e tutte insieme scoppiarono in una fragorosa risata.
- E’ impossibile per te avere le ali, - le disse duramente Ermione – tu non sei una fata, tu sei una strega.
Primula si rattristò molto. Girò le spalle e fece per incamminarsi sulla via del ritorno, quando improvvisamente una nuvola rosa comparve nel bel mezzo del prato: quando la nuvola si dissolse, Primula si ritrovò davanti Solaria, la regina delle fate.
- Buongiorno Primula, io sono Solaria, la regina delle fate. Ho ascoltato attentamente le tue parole e ho deciso di darti una possibilità per riuscire a realizzare il tuo desiderio di avere le ali.
- Ma lei è una strega, - esclamò Ermione – Non può avere le ali di noi fate!
- Stai zitta tu, - le rispose Solaria – ho appena deciso che se Primula riuscirà a superare la prova a cui la sottoporrò, riceverà in premio un paio d’ali. Il suo desiderio, che è forte e sincero, merita di essere esaudito.
- Guadagnarmi le ali? – disse Primula trepidante – Oh, Solaria, ti ringrazio infinitamente: dimmi pure a quale prova hai deciso di sottopormi.
Con un rapido gesto della mano, Solaria fece apparire davanti a Primula cento fiori di cristallo.
- Nell’arco di una sola giornata, - disse la regina delle fate – dovrai fare un incantesimo che doni i colori a questi fiori; dopo aver compiuto ciò, dovrai essere capace di far scorrere vera linfa nei loro steli, tramutando il freddo cristallo in soffici petali. A partire da questo momento hai ventiquattro ore di tempo per portare a termine l’incantesimo e superare la prova: io tornerò allo scoccare della ventiquattresima ora per vedere cosa sei stata in grado di fare. Quanto a voi altre, - disse rivolgendosi alle fatine – dovrete lasciarla da sola e non interferire in alcun modo con il suo lavoro.
Solaria battè lievemente le mani e una nuvola rosa avvolse lei e le sue compagne: quando la nube si dissolse, tutte le fate erano scomparse.
Primula allora si rimboccò le maniche e si scostò i capelli dal viso, fece apparire davanti a sé un pentolone di acqua bollente, estrasse dalla sua bisaccia una manciata di ingrediente magici e iniziò alacremente a preparare la pozione.
La piccola streghetta era sicura di poter riuscire nell’intento e portare così a termine la prova.
Purtroppo però, la dolce Primula non immaginava che qualcuno stesse tramando contro di lei: questo qualcuno era la fata Ermione, gelosa del fatto che una piccola strega come Primula potesse ricevere le ali fatate dalle mani della regina Solaria.
Quando Primula si distese sul prato a riposare un po’, Ermione approfittò del sonno della streghetta per lanciare un incantesimo contro la pozione magica di Primula:
- “Sette colori dell’arcobaleno,
scomparite in un baleno,
nero, grigio, viola e marrone,
impossessatevi di questa pozione!”
Pronunciato l’incantesimo, Ermione si dissolse in una nuvola lilla: qualcuno da lontano osservò attentamente quella nuvola dissolversi nel prato dei fiori di cristallo …
Primula, al suo risveglio, corse a spegnere il fuoco sotto al pentolone e bevve col mestolo un sorso di pozione magica.
- Zaban! – disse allora pronunciando la formula magica – Zaban! – ripetè di nuovo.
D’improvviso una nuvola scura abbracciò il prato dei fiori di cristallo: Primula non comprendeva cosa stesse accadendo, poiché si aspettava che i colori della nuvola fossero quelli luminosi dell’arcobaleno.
Quando la nube si dissolse, i fiori erano tutti appassiti.
Primula spalancò gli occhi portandosi una mano sul cuore. Come accidenti poteva essere accaduta una cosa simile?
- Questo prato doveva avere i colori dell’arcobaleno, - disse a sé stessa la piccola strega – cosa può essere andato così storto nella mia pozione magica?
All’improvviso le apparve davanti la fatina Ermione, che sbatteva velocemente le ali e rimaneva a mezz’aria, in modo tale da poter guardare Primula dall’alto in basso.
- Guarda che cosa hai combinato! Questi sono i colori più orribili che abbia mai visto sulla faccia della terra: credi davvero che Solaria ti darà in premio le ali dopo che avrà visto tutto questo?
Prima che la piccola strega riuscisse a rispondere, apparve Solaria.
La regina delle fate guardò i fiori appassiti e disse a Primula:
- Mi dispiace molto, piccola strega: purtroppo non hai superato la prova e dovrai abbandonare il nostro bosco incantato senza ricevere il tuo paio di ali. Addio.
La piccola Primula sentì salirle le lacrime agli occhi, fece uno sforzo per trattenere il pianto, quindi volse le spalle alle fate e s’incamminò assai mestamente sulla via del ritorno.
Trascorsi pochi passi, Ermione le si parò nuovamente davanti:
- Tieniti pure questa, - disse gettandole addosso un’ala di fata – era mia e si è spezzata, ma Solaria me ne ha già data un’altra nuova di zecca: se anche tu riuscissi ad aggiustarla, credi forse di poter volare con un’ala soltanto? – pronunciate queste ultime parole, Ermione scoppiò in una fragorosa risata e volò via.
Primula fece in tempo a gridarle dietro:- Spero di non assomigliarti mai, fata malvagia! - detto ciò, la piccola strega raccolse l’ala quasi trasparente e la osservò in controluce – Io so come ripararla. – disse Primula a se stessa, quindi pronunciò una formula magica e l’ala spezzata tornò all’istante come nuova: la piccola strega se la mise sotto il braccio e riprese il suo cammino.
Poco prima di arrivare al fiume azzurro, Primula incontrò un nuovo personaggio sulla sua strada: stavolta si trattava di una fatina molto piccina, con i capelli verde acqua e gli occhi color dell’argento.
La piccola fatina era rannicchiata su se stessa e singhiozzava sommessamente.
Primula le si avvicinò e le chiese: - Come ti chiami? Perché piangi? Posso forse fare qualcosa per aiutarti?
La fatina smise allora di singhiozzare e alzò il suo sguardo luminoso verso Primula:
- Mi chiamo Glicine, - rispose – mi si è spezzata un’ala e non posso più volare.
- E on potresti chiedere a Solaria di donartene una nuova? - le suggerì amorevolmente Primula.
- Oh no, io non sono una fata del bosco incantato, io vengo dalle lontane vallate del nord: Solaria non è la mia regina e quindi non può aiutarmi in alcun modo.
Primula le porse senza esitazione l’ala di fata che portava con sé: - Tieni, prendi pure questa: è un’ala di fata che si era spezzata, ma io ora l’ho riparata grazie a una formula magica. Forse potrai riprendere subito a volare: su, coraggio, prova a vedere se questa nuova ala può servire a sostituire la tua.
La fatina Glicine prese l’ala con sé e in un batter d’occhio spiccò il volo.
- Sei felice adesso? – le domandò Primula.
- Oh si, Primula, e voglio che lo sia anche tu.
- Come fai a sapere che mi chiamo Primula? Non ti avevo ancora detto il mio nome … - la piccola strega non fece in tempo a terminare la frase che una grande nuvola avvolse Glicine e, quando la nuvola si dissolse, Primula trovò davanti a sé Solaria, circondata da tutte le fate del bosco, compresa Ermione – Solaria! – esclamò stupefatta la piccola strega – Ma dove è finita Glicine?
- Glicine ero io, queste invece sono le tue nuove ali. – e così dicendo porse a Primula un bellissimo paio di ali lucenti – Ho visto Ermione gettare di nascosto elementi malefici nella tua pozione magica, so che senza il suo intervento scorretto saresti riuscita a superare la prova. Tu sei una brava strega,  soprattutto sei buona e generosa ed è proprio per questi motivi che meriti il tuo paio d’ali. Quanto a Ermione invece, che è stata ingiusta e cattiva, questo è quello che si merita! – Solaria schioccò le dita e le ali di Ermione scomparvero, lasciando che la fata cadesse per terra urtando il suolo con il fondoschiena.
- Ma Solaria … - si lamentò Ermione dolente – togli le ali a me che sono una fata e le doni a Primula che è solo una strega?
- Tolgo le ali a te che sei stata subdola e sleale e le dono a Primula che ha un animo buono e bello, bello come i colori del nostro amato bosco.
Fu così che da quel giorno Primula divenne una strega con le ali, e i suoi lunghi capelli neri ondeggiavano dolcemente nell’aria quando spiccava il volo.
Primula crebbe e imparò a preparare mille altre pozioni magiche, si sposò con un mago del cielo ed ebbe tre figli e nove nipoti.
Ha insegnato a volare a tutte le persone buone che ha incontrato sul suo cammino: ancora oggi continua a farlo e pare proprio che il suo lavoro non le verrà mai a noia.









1 commento:

  1. La favola di "Primula, la strega con le ali", edita dal 2010 su ilmiolibro.it, è scritta da Arianna Lana ed è tratta dal sito favoledellabuonanotte.it


    http://www.favoledellabuonanotte.it/index.php?option=com_content&view=article&id=5&Itemid=7

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